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Applicabilità dell’art. 33 comma 2 lett. t) del Codice del Consumo alle clausole di pagamento a “prima domanda” e “senza eccezioni”

Con la Sentenza n. 5432/2022 pubblicata in data 18/02/2022 la Suprema Corte si è pronunciata in ordine all’applicabilità dell’art. 33 del Codice del Consumo alle clausole di pagamento a “prima domanda” e “senza eccezioni”, tipicamente contenute nei contratti di garanzia autonoma, nell’ambito di una vicenda avente ad oggetto la prestazione, da parte di un privato, di una garanzia autonoma a favore di una società.

Come è noto, il contratto atipico di garanzia autonoma (c.d. Garantievertrag), espressione dell’autonomia negoziale ex art. 1322 c.c., ha la funzione di tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale, che può riguardare anche un fare infungibile, contrariamente al contratto del fideiussore, il quale garantisce l’adempimento della medesima obbligazione principale altrui. Più precisamente, invero, tale genus contrattuale differisce dalla fideiussione codicistica nella misura in cui l’obbligazione assunta dal garante autonomo, proprio poiché non accessoria all’obbligazione principale garantita, ha ad oggetto una prestazione che non si pone su di un piano di identità rispetto alla prestazione dovuta dal debitore garantito.

Con la pronuncia in commento la Corte di Cassazione ha preso posizione circa il rapporto fra i contratti di garanzia a prima richiesta e la disciplina del Codice del Consumo, con riguardo alla disciplina ivi contenuta al Titolo I, Parte III, ed in particolare alla disposizione di cui all’art. 33, comma 2 lett. t) del medesimo Codice. Infatti, proprio l’art. 33 al comma 2 lett. t) annovera tra le clausole da presumersi vessatorie quelle limitative della facoltà di proporre eccezioni, le quali risultano astrattamente idonee a ricomprendere le clausole di pagamento “a prima domanda” e “senza eccezioni” generalmente contenute in detti contratti.

Venendo all’esame della questione circa l’assoggettabilità del contratto autonomo di garanzia alle prescrizioni del Codice del Consumo, la Suprema Corte ha ritenuto condivisibile l’affermazione della soggezione del c.d. Garantievertrag alla disciplina consumieristica in generale, ed in particolare a quella delle clausole vessatorie ex art. 33 del Codice del consumo.

Nel sostenere tanto, la Corte ha, in primo luogo, richiamato una precedente pronuncia in materia (Cass. 25914/2019), la quale ha ritenuto configurabile la posizione di consumatore in capo al garante autonomo, pur precisando che tale qualità debba essere apprezzata con riguardo al rapporto di garanzia in senso stretto, e non in via derivata, mutuandola da quella eventualmente riscontrabile nel debitore garantito nell’ambito del rapporto principale oggetto di garanzia.

In secondo luogo, ha precisato la necessità di approfondire le ragioni di tale sua affermazione, anche al fine di interrogarsi su eventuali limiti di applicabilità della disciplina in commento, avuto riguardo della peculiare causa del contratto di garanzia autonoma.

La funzione del Garantievertrag è quella di tenere indenne il creditore dalle conseguenze di un eventuale inadempimento della prestazione principale garantita, e più nello specifico, la sua causa concreta, così come individuata dalla celebre pronuncia a Sezioni Unite n. 3947/2010 consiste nel “trasferimento da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale” e non già nella tutela dell’interesse “all’esatto adempimento della medesima prestazione principale”, come nel caso della fideiussione. Da ciò consegue che “mentre il fideiussore è un vicario del debitore, l’obbligazione del garante autonomo si pone in via del tutto autonoma” – appunto – “rispetto all’obbligo primario di prestazione, essendo qualitativamente diversa da quella garantita” […] “e non rivolta all’adempimento del debito principale, bensì ad indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore”.

Tale essendo la causa atipica dei contratti in questione, se ne deve dedurre che le clausole di pagamento a “prima richiesta” e “senza eccezioni” siano l’espressione stessa della connotazione causale appena descritta. In altre parole, la previsione di dette clausole rappresenta la ragione giustificativa di un contratto di garanzia autonoma.

Sul punto, però, la Corte ha osservato come le clausole cui si riferisce l’art. 33 comma 2 lett. t) del Codice del Consumo sono quelle riferite a contratti in cui, laddove non previste, non farebbero venire meno la possibilità di concluderli senza di esse. Nel caso delle clausole “a prima domanda” e “senza eccezioni”, invece, recando esse l’essenza stessa del contratto – rectius essendo espressione della sua causa atipica – laddove eliminate, assegnerebbero all’eventuale accordo “un profilo causale diverso, nel senso che non sarebbe possibile assegnare all’accordo il profilo atipico del detto contratto”.

Di ciò la pronuncia in commento offre due possibili opzioni interpretative.

Secondo una prima opzione, dovrebbe ritenersi che il disposto dell’art. 33 comma 2 lett. t) del Codice del Consumo non sia riferibile alle clausole di pagamento “a prima domanda” e “senza eccezioni”, ma che lo siano altre disposizioni del medesimo Codice. Laddove queste dovessero essere ritenute nulle ai sensi dell’art. 36 comma 1 del Codice del Consumo, in ipotesi in cui non siano state oggetto di trattativa individuale, non potrebbe prodursi la conseguenza della validità del contratto anche nell’assenza di tali clausole – che si dovrebbero considerare come non apposte – e ciò in quanto rimarrebbe fermo un regolamento contrattuale rispondente ad una figura diversa da quella scelta dalle parti. Se così fosse, alla causa contrattuale atipica voluta dai contraenti si sostituirebbe una causa diversa, riconducibile i) alla causa della garanzia fideiussoria accessoria; o ii) ad altra e diversa causa atipica.

E dunque, si dovrebbe affermare che, ferma la pacifica applicabilità della disciplina consumieristica ai contratti di garanzia autonoma conclusi dal garante-consumatore proprio perchè riferita a clausole non inerenti la causa del contratto, la previsione di cui all’art. 33 comma 2 lett. t) non sia applicabile a tali pattuizioni di garanzia.

Secondo una seconda opzione interpretativa, che la Suprema Corte ritiene preferibile, ai contratti autonomi di garanzia deve applicarsi in generale la tutela consumieristica, compresa quella di cui all’art. 33 comma 2 lett. t), e ciò alla luce della fedele lettura della fonte comunitaria in adempimento della quale è stato adottato il Codice del Consumo.

Infatti, al decimo considerando della Direttiva CE 93/13/CEE del 5 aprile 2005 è espressamente previsto che le regole uniformi in merito alle clausole vessatorie da adottarsi dagli Stati membri debbano trovare applicazione con riferimento a qualunque contratto stipulato tra un professionista ed un consumatore, fatta eccezione per i contratti di lavoro, relativi ai diritti di successione ed allo statuto familiare nonché nei contratti relativi alla costituzione ed agli statuti delle società. Al tredicesimo considerando, poi, si legge che “le disposizioni legislative o regolamentari degli Stati membri che disciplinano, direttamente o indirettamente, le clausole di contratti con consumatori non contengono clausole abusive” e che pertanto “non si reputa necessario sottoporre alle disposizioni della presente direttiva le clausole che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative”. La Corte ha dedotto, dunque, con riferimento al decimo considerando che riferendosi l’ambito di applicazione della Direttiva a tutti i contratti, esclusi quelli menzionati, la disciplina consumieristica nazionale debba essere ritenuta applicabile sia ai contratti tipici sia a quelli atipici contenenti clausole abusive. Con riferimento al tredicesimo considerando, invece, la Corte ha desunto che, avendo inteso il legislatore comunitario sottrarre alla disciplina consumieristica agli schemi contrattuali tipici, a contrario questi ha inteso sancire che alla Direttiva debbano soggiacere gli schemi contrattuali atipici.

Tale lettura sembra essere altresì suffragata dal tenore del diciannovesimo considerando, nella parte in cui si legge che “la valutazione del carattere abusivo non deve vertere su clausole che illustrano l’oggetto principale del contratto”, nonché dall’art. 4 comma 2 della Direttiva, il quale recita che “la valutazione del carattere abusive non verte sulla definizione dell’oggetto principale del contratto”. E dunque, nulla osta, secondo la Corte, a che si possa ritenere la tutela consumieristica applicabile in toto ai contratti di garanzia autonoma, ove il limite della valutazione dell’abusività delle clausole non può inficiare il solo oggetto del contratto, che nel caso di specie è da ricondursi alla funzione di garanzia.

Alla luce di tali considerazioni, la Cassazione ha pronunciato il seguente principio di diritto “la disciplina degli artt. 33, 34, 35 e 36 del Codice del Consumo trova applicazione anche ai contratti atipici e ciò, quanto alla previsione dell’art. 36, comma 1, anche là dove la clausola accertata come abusiva esprima il profilo di atipicità del contratto. In relazione al contratto atipico di garanzia a prima richiesta e senza eccezioni, l’accertamento dell’eventuale posizione di consumatore del garante deve avvenire con riferimento ad esso e non sulla base del contratto garantito e nel caso di riconoscimento al garante della posizione di consumatore è applicabile a sua tutela la disciplina degli artt. 33, 34, 35 e 36 del Codice del Consumo ed in particolare la previsione dell’art. 33, lett. t) e ciò, quanto alla clausola di limitazione della proponibilità di eccezioni, sia con riferimento alle limitazioni inerenti ad eventuali eccezioni relative allo stesso contratto di garanzia, sia con riferimento all’esclusione della proponibilità di eccezioni relative all’inadempimento del rapporto garantito da parte del debitore garantito, con la conseguenza che in quest’ultimo caso, ove la clausola venga riconosciuta abusiva, il contratto conserverà validità ai sensi del comma 1 del citato art. 36 ed il garante potrà opporre dette eccezioni”.

Carlotta Varesio

garan autonom e consumatore art 33 e art 1938 cass 22 – 5423

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