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LA CORTE DI CASSAZIONE NEGA LA FALLIBILITÀ DELLE COOPERATIVE SOCIALI

Con la Sentenza n. 32992/2023 pubblicata in data 28/11/2023 la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione si è pronunciata sull’assoggettabilità al fallimento delle cooperative sociali.

La sentenza in esame trae origine dalla pronuncia del Tribunale di Lecce del 9 ottobre 2018 che ha dichiarato il fallimento di una società cooperativa, ritenendo irrilevante, a tal fine, la natura di cooperativa a mutualità prevalente della società, in quanto esercente attività commerciale nel rispetto del criterio di economicità, come emergeva dai bilanci di esercizio.

La società debitrice ha proposto reclamo dinnanzi alla Corte d’Appello, la quale ha rigettato il reclamo ed ha confermato la declaratoria fallimentare ritenendo che non fosse ostativa la disposizione dell’ art. 14 del D.lgs. 112 del 2017 circa la sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa di una società cooperativa a mutualità prevalente stante l’applicabilità della disciplina generale delle cooperative quale in particolare l’art. 2545-terdecies del Codice civile, che prevede l’assoggettamento delle cooperative sia alla liquidazione coatta amministrativa che al fallimento.

Ne è quindi scaturito il ricorso per cassazione all’origine della pronuncia qui commentata.

La Corte, nell’esaminare la questione, ha preliminarmente proceduto all’inquadramento della normativa di riferimento. L’art. 2520 del Codice civile detta un principio generale per cui le cooperative regolate da leggi speciali sono soggette alle disposizioni del Titolo VI del Libro V del Codice civile, in quanto compatibili. Tale principio trova applicazione, in particolare, per le cooperative sociali, aventi la loro disciplina nella Legge 8 novembre 1991, n. 38, la quale, all’art. 1, comma 2, stabilisce che ad esse si applicano le norme relative al settore in cui operano, nella misura in cui sono compatibili con la legge stessa. Di conseguenza, le società cooperative sono soggette, in prima istanza, alla disciplina specifica prevista per loro e solo nella misura in cui sia compatibile, a quella generale stabilita dall’art. 2511 del Codice civile.

Pertanto, la questione principale posta al vaglio della Corte è determinare se, ai fini dell’individuazione della procedura in caso di insolvenza della cooperativa sociale, debba essere applicata la disciplina generale prevista dall’art. 2545-terdecies del Codice civile per le società cooperative, oppure se esistono norme specifiche di settore per le cooperative sociali.

Tale questione era stata già affrontata dai giudici di legittimità, i quali l’avevano risolta enunciando il principio di diritto secondo cui: “è assoggettabile a fallimento, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2545-terdecies e 2082 del Codice civile e dell’ art. 1 della Legge fall., una società cooperativa sociale che svolga attività commerciale secondo criteri di economicità (c.d. lucro oggettivo), senza che rilevi l’eventuale assunzione della qualifica di Onlus ai sensi dell’art. 10 del D.lgs. n. 460 del 1997, trattandosi di norma speciale di carattere fiscale, che non integra la “diversa previsione di legge” contemplata dal secondo comma dell’ art. 2545-terdecies» (Cass. civ., 20 ottobre 2021, n. 29245).

Nella sentenza in commento, però, la Corte di legittimità si è discostata dal suddetto principio di diritto sostenendo l’assoggettabilità delle cooperative sociali esclusivamente a liquidazione coatta amministrativa e non al fallimento.

Nel sostenere tanto, la Corte ha spiegato che il regime giuridico delle cooperative sociali ha subito rilevanti modificazioni dall’introduzione del D.lgs. n. 112 del 2017, con cui si è provveduto alla revisione della disciplina dell’impresa sociale. L’art. 1 di tale decreto stabilisce che  “le cooperative sociali e i loro consorzi, di cui alla Legge 8 novembre 1991, n. 381, acquisiscono di diritto la qualifica di imprese sociali. Alle cooperative sociali e ai loro consorzi, le disposizioni del presente decreto si applicano nel rispetto della normativa specifica delle cooperative ed in quanto compatibili, fermo restando l’ambito di attività di cui all’art.1 della citata Legge n. 381 del 1991, come modificato ai sensi dell’articolo 17, comma 1”.

La suddetta disposizione non deve essere letta isolatamente ma in modo sistemico e in relazione alla finalità della normativa di riferimento.

La qualifica automatica delle cooperative sociali come imprese sociali, secondo l’interpretazione della Corte, mira a salvaguardare tali soggetti da un’applicazione incondizionata dalla relativa disciplina, ed in particolare delle norme promozionali ed agevolative dalla stessa previste, ammettendone l’operatività esclusivamente se le stesse risultino maggiormente favorevoli di quelle relative al tipo societario. Tra le disposizioni più favorevoli va annoverata anche l’articolo 14, comma 1, del D.lgs. n. 112 del 2017, il quale stabilisce che in caso di insolvenza, le imprese sociali sono soggette alla liquidazione coatta amministrativa, la cui applicabilità esclude la sottoposizione dell’impresa al fallimento, conformemente a quanto disposto dall’art. 2, comma 2, della Legge Fallimentare, nonché dall’art. 295, comma 1, del D.lgs. 12  gennaio 2019, n. 14 (Codice dell’impresa e dell’insolvenza).

Inoltre, la Corte ha evidenziato che sono le finalità di interesse pubblico perseguite dalle imprese sociali che ne giustificano l’assoggettamento esclusivo alla liquidazione coatta amministrativa.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione ha pronunciato il seguente principio di diritto: “a seguito dell’entrata in vigore del D.lgs. n. 112 del 2017, che all’art. 1, comma 4, qualifica come imprese sociali di diritto le cooperative sociali di cui alla L. n. 381 del 1991, tali società sono assoggettabili, in caso d’insolvenza, esclusivamente a liquidazione coatta amministrativa, ai sensi del D. lgs. n. 112 cit., art. 14, comma 1, restando pertanto esclusa la sottoposizione delle stesse al fallimento, prevista in via alternativa dall’art. 2545-terdecies c.c., comma 1″.”

Margherita Tenneriello

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Sentenza della Corte di Cassazione del 28 11 2023 n. 32992